Sagra Dell’Abete 8-13 gugno

La Sagra dell’abete di Rotonda è, senza dubbio, quella che più rispetta i riti ed i gesti di una tradizione atavica che rimanda ai mitici riti celtici, ed è legata ad una leggenda. Si narra che Sant’Antonio passò per Rotonda nel XIII secolo e fece sosta nei boschi del Pollino, trascorrendo una notte sotto un abete in località Marolo. Anni dopo, nello stesso punto, un bovaro, inciampando, precipitò in un burrone ed invocò disperatamente il nome del Santo, che gli apparve in tutto il suo splendore e lo salvò. Il miracolato raccontò l’accaduto a valle ed ogni anno si recò nel bosco per abbattere un abete ed offrirlo al Santo, coinvolgendo di volta in volta sempre più gente in questo suo gesto.

Foto Luca Greco

Da allora nulla è cambiato: la Sagra ha mantenuto intatto il suo fascino e le sue usanze proponendo sempre lo stesso rito.

Il rito, di origine pagana, ha come finalità il matrimonio arboreo tra un abete di modeste dimensioni, la rocca ed un enorme faggio (una volta si trattava di un abete grosso, tant’è vero che il dialetto locale ne conserva il nome) “a pitu”. Questo matrimonio simboleggia, appunto, la conseguente fecondità apportatrice di buone messi.Ogni anno due gruppi di fedeli di Rotonda a piedi, salgono in montagna per recidere due alberi che faticosamente saranno portati in piazza, “maritati” e innalzati in devozione a Sant’Antonio. Il viaggio dura sei giorni tra fatiche titaniche, antiche tecniche per il trasporto, strani congegni, forzuti buoi, preghiere, musiche balli e canti.

8-10 GIUGNO

  foto Luca Greco

La festa vera e propria inizia l’8 Giugno. I fedeli e coloro che portano i buoi si riuniscono, alle ore 17, davanti alla Chiesa dell’Annunciazione o di Sant’Antonio per procedere alla benedizione degli animali che trascineranno gli alberi. Nella notte fra l’8 ed il 9 giugno, a mezzanotte, il gruppo della rocca si riunisce in località Santa Maria, davanti al santuario della Madonna della Consolazione, da dove raggiunge il bosco di Terranova di Pollino per abbattere la pianta precedentemente scelta.

Il gruppo della pitu, invece, qualche ora più tardi, dopo essersi riunito dal caporale, si dirige verso i boschi montani situati nel territorio comunale per salire verso la località Marolo.

Foto Luca Greco

Qui il grosso, alto e bell’albero di faggio viene abbattuto; questo è il rituale che dà inizio alla festa: la pianta, una volta abbattuta, viene misurata, mentre i fedeli inneggiano al Santo intonando canti e litanie in suo onore. Quindi la pitu viene ripulita dalle fronde, squadrata e rifinita con la tradizionale accettuddra; è questa un’operazione laboriosa che richiede tanta precisione, dovendo la pianta essere perfettamente squadrata per poter essere trascinata in tutto il paese. Presto verrà agganciata (“mpaiata”) ai buoi, per cui necessita di un’apertura da praticare alla sua estremità più grossa, ben rifinita, tale da ospitare la “gualaneddra”, un asse di legno, di cui un’estremità viene bruciata in modo che possa piegarsi più facilmente senza spezzarsi ed essere inserita nell’apertura della pianta. Circa tredici coppie di buoi (“paricchi”) avranno l’onore di trainarla lungo tutto il percorso che separa i boschi dal centro urbano. Il 10 giugno prima di essere aggiogati i buoi devono essere sottoposti al rito della misurazione, alla presenza di un pubblico ufficiale, del caporale della pitu e dei responsabili di ogni coppia di buoi: a turno i bovari (“ualani”) conducono le proprie bestie su di un piano allestito appositamente e lasciano che si controlli l’altezza di chi, da questo momento, coadiuverà il lavoro dell’uomo nel tragitto verso la Piana di Pedarreto e poi verso Rotonda. Alla coppia più alta toccherà l’onore di essere legata nel punto più vicino al tronco, a scalare troveranno posto, formando la “trizza”, gli altri dodici “parecchi”, che i bovari guideranno dopo averli legati al giogo con strisce di cuoio denominate “paiule”. Il corteo può, così, avere inizio trainando la pitu nei pressi della località Pedarreto.

Foto Luca Greco

Tanti sono i chilometri da percorrere tra strade sterrate e mulattiere che costeggiano le acque del Pollino, prima di poter bivaccare. Intanto altri gruppi di fedeli sulla piana del Pedarreto hanno a loro volta compiuto il loro ex voto abbattendo piante di faggio più piccole, denominate “pòrfeche”, che saranno trasportate con l’aiuto dei propri buoi, precedendo la pitu e la rocca. Sono necessari sforzi a volte sovrumani per avanzare solo di pochi metri, ma la meta è vicina e di tanto in tanto è utile rifocillarsi.

11 GIUGNO

 Foto Luca Greco

In questa giornata inizia la discesa verso Rotonda fino alla località Pozzicelli al seguito dei Fedeli. La partenza è preceduta da una messa che raccoglie tutti i fedeli compresi quelli che salgono dal paese per l’occasione. I fedeli durante la notte rientrano alle loro abitazioni. In questo momento di disimpegno, può avvenire che fedeli gravati da malattie, camminino sul tronco dell’Abete per chiedere la grazia per intercessione di Sant’Antonio.

12 GIUGNO

il corteo arboreo riparte di buona lena, avviandosi verso la contrada “S. Lorenzo” per la celebrazione della S. Messa in contrada S. Maria, dove la folla attende l’arrivo della “pitu”. Le coppie di buoi vengono agghindate di ornamenti colorati e ghirlande di fiori. Le autorità civili, precedute dalla banda musicale, giungono per portare il loro personale saluto a tutti i protagonisti di questi intensissimi giorni. Dopo la recita di una litania, di fronte al Santuario, il primo cittadino incorona i “caporali” della “pitu” e della “rocca” ed il capo dei bovari, come ringraziamento per aver condotto il corteo fino alle porte del paese, che nel frattempo è stato “vestito a festa”. La pitu e la rocca sostano per qualche momento dinanzi al portale della Chiesa Madre, quindi, dopo la recita di Litanie alla Madonna ed a Sant’Antonio, procedono verso la piazza. Qui la “pitu” viene momentaneamente sganciata dal giogo dei buoi per dar vita al momento più esaltante di tutta la sagra: essa si offre in tutta la sua lunghezza e spessore all’ammirazione di tutti, quindi, dopo il rituale discorso ai fedeli del Parroco e del Sindaco, che esaltano la fatica fatta dagli uomini, il tronco della “pitu”, sotto i sapienti ordini impartiti dal suo “caporale” che si posiziona su di essa, viene sollevato con la sola forza delle braccia da decine e decine di rotondesi per compiere la cosiddetta “girata”. Poi viene trasportata nei pressi della sala comunale. Invece il gruppo della “rocca” segue un diverso percorso: essa viene condotta di fronte alla Chiesa di Sant’Antonio per procedere alla benedizione finale e restare lì per tutta la notte; anticamente l’albero entrava in Chiesa con i buoi, che giunti all’altare si chinavano davanti al Santo.

13 GIUGNO

 Foto Luca Greco

Le stesse persone che hanno animato la Sagra dell’Abete, si danno appuntamento dinanzi al Municipio per completare l’opera e compiere un ulteriore sforzo. La mattina presto i fedeli preparano la chioma dell’abete e la “maritano” al faggio con particolari legacci. Dopodiché si procede al sollevamento a mano e con l’uso delle “porfiche”, speciali forche di legno di grandi dimensioni. Una volta innalzato l’albero è possibile che alcuni fedeli tentino la “scalata”.